By Andrea Carandini

Il più importante archeologo italiano racconta il rito del fuoco pubblico che ha coronato los angeles fondazione di Roma.

A Roma l. a. dea del fuoco pubblico period Vesta. Il suo culto è stato istituito probabilmente da Romolo intorno alla metà dell'VIII secolo a.C. Due secoli dopo Roma incoraggia su questo fuoco pubblico un mito fondativo più cosmopolita: sarebbe stato portato nel Lazio da Enea, che lo avrebbe salvato da Troia in fiamme. Il fuoco dei Romani è stato spento e riacceso dalle vestali ogni primo giorno di marzo nel corso di 1150 anni. Le sei sacerdotesse, strappate da bambine alla famiglia, dovevano conservarsi illibate in line with almeno trent'anni. In compenso veniva loro riconosciuto un rango elevatissimo ed erano le sole donne che a Roma possedessero una piena capacità giuridica.
Andrea Carandini e l. a. sua scuola hanno ricostruito il santuario di Vesta e parte del circondario, contribuendo in modo fondamentale alla comprensione del centro sacrale, istituzionale e culturale della città-stato. Grazie a uno scavo durato un trentennio è stato possibile analizzare l. a. radura o lucus di Vesta, i luoghi di culto dei Lari, di Marte e Ops, di Giove Statore, e conoscere le capanne e le case delle vestali, dei re e dei massimi sacerdoti della città-stato.
Raccontare l. a. storia di questo cuore urbano a un vasto pubblico è l. a. ragione del libro. Non sarà più possibile una storia di Roma che ignori le scoperte di questo scavo condotto alla pendice settentrionale del Palatino.

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I seguaci hanno voluto vedere in lui l’adempimento della profezia di Isaia sul Messia, registrato in Matteo: «Ecco la vergine concepirà e partorirà un figlio»; a lui si sono aggiunti poi Luca e il Protovangelo di Giacomo, presso i quali la cultura ellenistica ha contribuito a forgiare la nascita divina di Gesù, simile a quella di tanti eroi6. Anche Romolo era figlio di una vergine, Silvia, e di un dio, Marte. A Roma Vesta era venerata nella sua dimora (aedes), in origine un edificio tondo – non conservato nelle sue più antiche fasi – che avrà l’ingresso a levante, al suo interno un focolare tondo come quello del sacrarium Martis (scoperto da Frank Brown), il cui diametro era di m 2,43 (lotto 5), e una dispensa o penus (figg.

Ma i risultati sono stati molto deludenti. Per di più, l’archeologo statunitense Frank Brown è morto senza aver pubblicato la Regia da lui scavata fra il lucus Vestae e il Foro, senza aver lasciato eredi del suo calibro, per cui il monumento è rimasto inedito (ma la documentazione conservata nell’Accademia Americana di Roma è diventata finalmente accessibile). Altri scavi sono stati condotti nel lucus, senza gran costrutto6. Prima del nostro scavo s’ignoravano perfino i limiti della radura, e di essa si conoscevano solamente lembi isolati e superficiali, come emerge dalle piante, scheletriche e schematiche (a volte meri schizzi), sole a figurare nello studio più intelligente del luogo, che ha preceduto di due anni il nostro scavo, motivandolo7.

Il focolare cittadino aveva, pertanto, un carattere esclusivo perché simboleggiava il centralismo della città-stato, che contrastava con la forza centrifuga delle diverse casate tra loro in competizione. La venerazione del fuoco e la sua nutrizione con legni, cibi e bevande erano diffuse anche tra i Latini e nel sito di Roma. Si è trattato in un primo tempo dei fuochi di famiglie, villaggi e casate regali pre-urbane, come quella dei Silvi ad Alba; in un secondo tempo, dei fuochi dei gruppi gentilizi e dei rioni nei centri «proto-urbani»; infine dei fuochi pubblici delle città-stato.

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