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Fu in quel preciso momento, in quelle insolite circostanze, che intravidi la soluzione di un mistero vecchio di cinquecento anni. Dopo tanti sforzi, potevo finalmente spiegare l’origine della prima crisi ambientale di cui fecero esperienza i coloni europei del Nuovo Mondo. Intorno al 1518, le formiche devastarono la giovane colonia spagnola su Hispaniola (l’isola di Santo Domingo). Dell’evento fu testimone Padre Bartolomé de Las Casas, fedele cronista dell’America colombiana («che promette davanti al verbo divino che ogni cosa qui detta e riferita è la verità»)3 nonché strenuo difensore degli indios dei Caraibi.

Su queste isole, secondo l’ultimo censimento del 2005, vivono 476 tipi di formiche. In virtù della loro abbondanza e della loro ubiquità, si prestano particolarmente bene a un simile studio. Ma le formiche di fuoco, come vedremo, avrebbero avuto un ruolo speciale, come sempre quando si tratta di questioni che hanno a che fare con le attività umane. Ed ecco la mia storia. Il pomeriggio del 10 marzo 2003, accompagnato da un piccolo gruppo di biologi, penetrai tra le rovine dell’antica città di Concepción de la Vega, situata sugli altipiani a ovest del centro della Repubblica Dominicana.

Ogni anno il 5 per cento della superficie terrestre viene bruciato, principalmente al fine di creare nuovi spazi per l’agricoltura o per rifertilizzare quelli vecchi. Queste pratiche, e altre ancora, contribuiscono a sovraccaricare l’atmosfera di gas serra in quantità sufficiente a destabilizzare il clima dell’intero pianeta. L’antropizzazione della Terra procede in vari altri modi. La maggior parte dei grandi animali terrestri è stata cacciata fino all’estinzione. La vita selvatica delle pianure e delle foreste del mondo d’oggi assomiglia ben poco a quel che doveva essere la maestosa parata di giganteschi mammiferi e uccelli, prima che sparissero sotto i colpi dei cacciatori del Paleolitico.