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Il movimento, che pure non gli era sembrato necessitare di un grande sforzo, lo proiettò fuori dal letto con una tale energia che lo mandò prima a picchiare la testa contro l’oblò e poi lo fece ricadere pesantemente al suolo. Si ritrovò dall’altra parte della stanza, contro la parete – una parete che, secondo la sua prima impressione, avrebbe dovuto essere inclinata verso l’esterno come la sponda di una carriola. Ma non era così. La tastò e la studiò con attenzione: era, senza ombra di dubbio, perfettamente perpendicolare al pavimento.

Era sempre pronto a ridere del solenne idealismo scientifico del compagno; a lui non importava un bel niente, diceva, del futuro della specie o dell’incontro di due mondi. �C’è ben altro, su Malacandra» aggiungeva, strizzando l’occhio. Ma se Ransom gli chiedeva lumi, si rifugiava immediatamente nell’ironia, con commenti sarcastici sul fardello dell’uomo bianco e sui vantaggi della civiltà. » lo incalzava Ransom. E l’altro rispondeva: «Eh... c’è sempre il problema degli indigeni in questo genere di cose».

E va bene,» disse Ransom «lei ha tutte le carte in mano, e io devo fare buon viso a cattivo gioco. A me sembra pazzia pura la sua concezione della vita. Tutto questo parlare di infinito e di eternità mi pare significhi che la vaga speranza che un remoto discendente dell’uomo, magari diverso da lui, possa continuare a strisciare per qualche secolo in più in qualche angolo dell’universo è per lei giustificazione sufficiente per qualsiasi azione». �Qualsiasi azione, sì,» rispose lo scienziato severamente «e tutte le persone colte condividono la mia opinione.